La rivoluzione digitale, non essendo stata un’evoluzione di sistema diventa di difficile apprendimento per chi non l’ha colta nel momento in cui essa è partita.

Le informazioni e le trasformazioni sono troppe per essere recepite ed applicate in un tempo ristretto. 

Ecco che in questo momento storico diventa fondamentale rifarsi alle scienze dell’educazione,

dalla filosofia alla sociologia sino alla psicologia per trasferire ed acquisire le nuove conoscenze e i nuovi modelli.

L’essere umano non è predisposto al cambiamento, i nuovi modelli hanno cambiato il paradigma dell’apprendimento.

I modelli didattici e il ruolo del docente per trasferire le conoscenze digitali va rivisto in chiave pedagogica.

Bisogna riprogettare gli interventi di consulenza e di formazione per le organizzazioni.

Non basta aderire a qualche contributo per la formazione digitale ma bisogna effettivamente riprogettare l’insegnamento.

Occorre farlo rifacendoci alla concezione del problematicismo pedagogico dove per didattica si intende la scienza che si occupa della relazione epistemica tra soggetti dell’apprendimento, ovvero le strutture della mente, e oggetti conoscitivi, ovvero la struttura dei contenuti che si vogliono trasferire.

La pedagogia è chiamata ad indicare modelli, strategie e azioni che prevedibilmente possono ritenersi efficaci:

per farlo è necessario situare e contestualizzare gli interventi didattici (Calvani, 2012).

Non possiamo confondere la conoscenza degli strumenti con la soluzione.

Per la riorganizzazione dei processi in chiave digitale, la scuola con la D.A.D. ha dimostrato tutta l’inadeguatezza e l’impreparazione rispetto ai nuovi modelli digitali.

Ecco perché bisogna cambiare le modalità operative anche della società di consulenza che devono essere di supporto alle nuove organizzazioni.

Siamo in una start up continua e la sperimentazione insieme alla pedagogia per acquisire le nuove conoscenze diventa fondamentale.

La pedagogia, come spesso erroneamente si crede, non è solo lo studio dell’età infantile, ma anche quello di tutti gli approcci evolutivi dello sviluppo.

Infatti, la pedagogia studia l’uomo nella sua totalità e nella sua intera esistenza.

La parola pedagogia deriva dal greco “paidos”, bambino ed “ago”, condurre.

Un precursore della figura del pedagogo fu, nella Grecia antica, lo schiavo che accompagnava il bambino a scuola, solo successivamente il pedagogo venne considerato anche un insegnante.

Nel V secolo a.C., il filosofo Socrate, nella sua dottrina della maieutica, parlò del ruolo dell’educatore come simile a quello della levatrice.

Il suo compito, infatti, era quello di estrapolare le idee dalla mente degli uomini attraverso il dialogo.

Anche Platone, nel libro la Repubblica, delineò una forma pedagogica ma in un’ottica etico-politica.

Secondo la sua idea, il compito dell’attività educativa era quello di formare la futura classe sociale secondo un modello spartano.

Il fenomeno della trasformazione digitale non riguarda solo l’individuo, le organizzazioni, le professioni ma è da considerarsi un fenomeno collettivo.

Un fenomeno che cambierà il nostro modo di vivere e di agire, siamo i primitivi digitali che hanno dato avvio a questo processo.

Bisogna educarci partendo da questo concetto per cogliere tutti i vantaggi.

Già nel 1750  Kant prima ed Émile Durkheim successivamente elaborarono due modelli di pedagogia diversi;

il primo basato sull’individuo ed il secondo sulla società.

Nella sua opera “Pedagogia” Kant partì dal presupposto che nella natura dell’uomo risiedevano istinti primordiali e che, quindi, scopo dell’educazione era quello di impedire che tali istinti prendessero il sopravvento.

Per Kant non si dovevano insegnare i pensieri, ma insegnare a pensare e la pedagogia doveva essere in grado di aiutare il discepolo a divenire uomo.

L’educazione, quindi, doveva essere svolta solo da coloro in grado di creare progressi educativi corretti.

Il sociologo Émile Durkheim, invece, in epoca successiva intorno al 1800, parlò di un’educazione completamente insita nella collettività e non solo nella singola identità dell’individuo.

Egli sosteneva che ogni società aveva delle regole da rispettare e che diversamente, si sarebbe andato incontro ad una anomia, ovvero ad una mancanza di norme.

Lo scopo principale dell’educazione doveva essere quello di incentivare la socializzazione attraverso la scuola la quale, non doveva essere fonte di un cambiamento soggettivo ma di un passaggio di regole.

L’educazione, dunque, era da Durkheim considerata come un fenomeno storico associato ai cambiamenti della società.

La nostra società di consulenza che si rivolge a professionisti ed imprenditori per aiutarli nella trasformazione digitale ha creato un percorso specialistico che si rifà al concetto di allenamento sportivo come processo pedagogico.

Lo sport come pratica umana e sociale costituisce uno spazio relazionale potenzialmente educativo che può incidere sulla crescita e la formazione umana.

Lo sport è disciplina, allenamento costante ricerca continua di miglioramento.

I valori dello sport devono essere alla base di un processo formativo.

Le azioni metodiche, scientifiche e sistematiche devono trovare applicazione costante, solo questo può condurre lo sportivo alla trasformazione della sua personalità.

Come ispirazione di metodo formativo e per le nostre attività di consulenza possiamo citare   Jean Piaget, considerato il padre della pedagogia moderna e di quella cognitivista per la sua teoria sull’apprendimento cognitivo infantile.

Egli spiegò lo sviluppo cognitivo a partire dai processi di assimilazione e accomodamento.

Il primo principio si riferiva al sistema attraverso il quale stimoli esterni venivano integrati in schemi mentali già posseduti dal bambino ed alle sue modalità di risposta.

Con accomodamento, invece, intendeva il processo attraverso il quale questi schemi mentali si modificavano a seguito di nuovi stimoli.

Importante, per Piaget, era che il bambino fosse stimolato durante lo sviluppo e durante i diversi stadi in cui iniziava a diversificarsi dal mondo esterno.

L’idea pedagogica di Piaget era che, quest’ultima, fosse basata sulla psicologia, sulla logica e sulla biologia.

Egli sosteneva che lo sviluppo psichico poteva essere paragonato a quello biologico.

Infatti, così come il corpo cresceva facendo maturare gli organi, così la sfera mentale si evolveva verso un equilibrio finale ovvero, l’età adulta.